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Cyber Security

Blocchi IP in Spagna e Italia: Un Segnale della Necessità di IPv6

Lorenzo Fiori


Blocchi in Spagna e Italia

Immagina di non poter accedere alla tua banca online, ai social media o persino a ChatGPT solo perché stai guardando una partita di calcio. Sembra assurdo, eppure è quello che è successo agli utenti in Spagna. Per contrastare la pirateria calcistica, la Liga spagnola ha ottenuto l'ordine di bloccare interi indirizzi IP, colpendo infrastrutture cruciali come Cloudflare e Vercel ( Leggi qui ). Il risultato? Non solo i pirati, ma anche migliaia di siti legittimi – dall'e-commerce alle piattaforme di lavoro – sono diventati inaccessibili. Un incidente simile, seppur di minor portata, era già accaduto in Italia con il blocco accidentale di Google Drive a causa del sistema "Piracy Shield".

Ma perché questi blocchi hanno avuto un impatto così devastante? La risposta è nel cuore di come funziona oggi internet: l'IPv4.


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Troppi Dispositivi per Troppi Pochi Nomi

Gli indirizzi IPv4 (es. 76.76.21.21) sono come i numeri civici di internet. Ogni dispositivo che si connette alla rete ne ha uno. Il problema è che ce ne sono solo circa 4,3 miliardi, e si sono esauriti anni fa. Nel frattempo, ognuno di noi possiede sempre più dispositivi connessi: smartphone, tablet, smart TV, assistenti vocali. Negli Stati Uniti, una famiglia media ha circa 17 dispositivi connessi, e in Europa la media è di 15 dispositivi. Non c'è abbastanza "spazio" IPv4 per tutti.

Per ovviare a questa carenza, sono nati servizi come Cloudflare e Vercel. Loro agiscono come un "centro smistamento", utilizzando indirizzi IPv4 condivisi attraverso i quali fanno transitare il traffico di centinaia o migliaia di siti web. Questo non solo risolve il problema della scarsità, ma offre anche una protezione essenziale contro attacchi informatici (DDoS), assorbendo il traffico malevolo prima che raggiunga i server finali. Molte applicazioni web moderne si affidano a loro proprio per la sicurezza e la velocità.


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IPv6: Il Futuro che non Possiamo più Ignorare

Il blocco in Spagna ha messo in luce una vulnerabilità critica di questo sistema. Bloccando un singolo indirizzo IPv4 condiviso, si rischia di oscurare un'enorme fetta di internet legittimo. La soluzione a questo problema esiste da anni: l'IPv6.

Con un numero praticamente infinito di indirizzi, l'IPv6 (es. 2001:0db8:85a3:0000:0000:8a2e:0370:7334) permetterebbe a ogni singolo dispositivo, da un frigorifero smart a un satellite, di avere un proprio indirizzo unico. Questo renderebbe gli attuali blocchi indiscriminati impossibili, poiché si potrebbe colpire un bersaglio specifico senza danneggiare innumerevoli servizi innocenti. Eliminerebbe anche la necessità di "trucchi" come il Network Address Translation (NAT) che complicano la rete.

Nonostante i suoi enormi vantaggi in termini di scalabilità, sicurezza e efficienza, l'adozione dell'IPv6 è ancora troppo lenta, attestandosi a circa il 43-50% del traffico internet globale all'inizio del 2025. Le ragioni sono molteplici: costi di transizione, sistemi legacy da aggiornare e una percezione di "urgenza" che finora è mancata.

Gli incidenti come quello della Liga spagnola non sono solo fastidiosi disservizi; sono un campanello d'allarme che ci ricorda la fragilità dell'infrastruttura internet basata sull'IPv4. È ora che l'industria e i governi accelerino l'adozione di IPv6, per un internet più robusto, sicuro e, soprattutto, libero da blocchi indiscriminati. Non possiamo più permetterci di tenere in ostaggio servizi essenziali per risolvere problemi che una tecnologia più avanzata potrebbe prevenire alla radice.

Il Problema del Blocco Indiscriminato

Recentemente, la battaglia legale tra La Liga e i fornitori di infrastrutture come Cloudflare ha raggiunto un punto cruciale. La Liga ha ottenuto una vittoria in tribunale contro Cloudflare, con il Tribunale di Barcellona che ha respinto i ricorsi presentati da Cloudflare e ha confermato la legittimità degli ordini di blocco degli indirizzi IP. Secondo La Liga, questa decisione rappresenta un significativo sostegno legale alle proprie iniziative contro la pirateria e non è appellabile in Spagna.

Nonostante l'esito favorevole a La Liga, questa vittoria solleva serie preoccupazioni e mette in discussione la giustizia e la proporzionalità delle misure adottate.

Il cuore della controversia risiede nella natura degli ordini di blocco. La Liga ha ottenuto il potere di imporre ai fornitori di servizi internet (ISP) il blocco di indirizzi IP "senza distinguere tra servizi che violano e non violano i diritti". Questo significa che gli ISP spagnoli stanno bloccando intere gamme di indirizzi IP, che ospitano sia contenuti pirata che una moltitudine di servizi legittimi e non correlati.

Il "danno collaterale" non è quindi un effetto secondario involontario, ma un risultato del metodo di applicazione scelto. Qualsiasi sito web o servizio che si trova dietro un indirizzo IP bloccato viene disattivato, indipendentemente dalla sua legittimità. Questo ha portato a un "blocco indiscriminato di internet" e a una "forma di censura generalizzata", rendendo inaccessibili servizi essenziali come banche online, piattaforme di lavoro, social media (Instagram, X, Bluesky), strumenti di sviluppo (GitHub) e anche intelligenze artificiali come ChatGPT. Proton ha stimato che questi blocchi hanno colpito "milioni di persone in Spagna" e impedito l'accesso a circa 3.300 siti popolari e legittimi.

Cloudflare, che da sola gestisce circa il 20% di tutto il traffico web, è stata un obiettivo specifico. Le critiche a La Liga sono state pesanti, definendo le sue azioni una censura internet irresponsabile con danni collaterali di massa. Le accuse sostengono che La Liga ha pienamente compreso che il blocco di indirizzi IP condivisi avrebbe pregiudicato i diritti di milioni di consumatori ad accedere a centinaia di migliaia di siti web che non violano la legge, ma ha comunque proceduto. Altre accuse sostengono che La Liga ha ottenuto questa ordinanza di blocco nascondendo al tribunale il prevedibile danno a terzi e al bene pubblico.

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